If I could be with someone like you, Seth/Anna

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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 11:00






Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books




Newport. C'era qualcosa di strano in quella cittadina ridente della California: forse le ville gigantesche oppure i ragazzi palestrati che seguivano le gonnelline delle cheerleader, ma decisamente non me l'ero immaginata così. Vedete, quando ti abitui alla semplicità e alla gioia di casa tua, partire contro un destino inconsapevole sembra eccitante. Sei disposto a cambiare la tua mentalità, le tue abitudini, perfino il tuo carattere, eppure già dal primo passo dentro i cancelli scolastici avevo capito che era folle. Quanti di quei ragazzi condividevano le mie idee? Non che mi aspettassi un'accoglienza, anzi essere ignorata era più che congeniale, eppure riuscivo a percepire le occhiate incuriosite -e vagamente disgustate- dalla mia presenza. Probabilmente stavo danneggiando il loro mondo di lusso sfrenato con i miei pullover rosa e pelosi, se solo avessero saputo quanto fossero comodi i miei golfini. Guardai l'orologio, era davvero troppo presto per entrare in classe, tant'è che il cortile era ancora praticamente deserto. Mi avvicinai ad un muretto, mentre benedivo la mia abitudine di portare sempre qualcosa da leggere. Ormai ovunque andassi nascondevo nella borsa un paio di fumetti, giusto per rallegrare tempi buchi o conversazioni noiose, inoltre la mia dipendenza verso quei giornalini non aveva intenzione di migliorare. Mi sedetti tranquillamente su quella sporgenza di cemento, accavallando le gambe e appoggiando lo zaino di fianco a me, mentre poco distante due ragazzi sfoggiavano apertamente la loro relazione. Certo, i rumori dati dagli sbaciucchiamenti erano davvero snervanti, ma mi bastarono le prime vignette per estraniarmi dal mondo esterno. Ancora non riuscivo a capire come "leggere i fumetti" potesse essere giudicata un passatempo da... sfigati? Voglio dire, si erano mai concentrati sulla genialità delle battute? Il sarcasmo puro era dentro quelle 30 pagine illustrate, c'erano certe allusioni talmente sottili da apparire comprensibili solo ad occhio esperto. Diventavo particolarmente orgogliosa delle mie conoscenze, se solo avessi trovato qualcuno con cui discutere di videogiochi: un sogno. Ma probabilmente certi argomenti erano banditi nelle soleggiate spiagge californiane, chissà, sarei stata emarginata ancora prima di presentarmi.

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DANNY,


Sicurezza, Cohen.
 
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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 11:41




(©) SETH COHEN -- troubles will come and they will pass. dress

La Harbor era il tipico liceo privato, in cui, costantemente, ti sentivi come un emarginato, uno sfigato solo se condividevi idee, opinioni e gusti diversi dagli altri. Altri che giocavano a football o a pallanuoto, che passavano le loro giornate dando i voti al lato b delle ragazze, o al davanzale. Forse, se non mi fossero piaciuti i fumetti, se non passassi le mie giornate davanti ai videogiochi, se non fossi stato mingherlino, sarei stato uno di loro. Invece, soprattutto per la delusione di mio padre, non facevo parte di qualche squadra o non giocavo a qualche sport da duri. Ma, se l'avessi davvero fatto, non mi sarei mai chiamato Seth Cohen. Per quei pochi che sapevano della mia esistenza, il solo sentire il mio nome era sinonimo di "sfigato, quello che legge i fumetti, l'asociale". Sentivo tutto ciò sempre e, ormai, più o meno ci facevo l'abitudine. Tutto, in ogni caso, mi sembrava come un bue che dava del cornuto a un asino: tutti eravamo sfigati, in una parte di noi. Comunque, tutto cambiava quando percorrevo i corridoi con Ryan e quella sua aria da bastardo di Chino. Ci ridevo anche sopra. Purtroppo, però, anche quella mattina era su un letto con la febbre e dovevo fare come un ritorno ai vecchi tempi. Con la tracolla contenente i libri, ma piena di fumetti e bozzetti con disegni, mi avviai verso l'entrata del liceo, fino a quando, non intravidi una ragazza sola, appoggiata al muretto dell'uscita. Era strano: solitamente quelle della sua specie, si facevano vedere sempre in gruppo, anche in bagno - basti vedere Summer e Marissa Cooper. Forse non ero l'unico solo della situazione!O al massimo era nuova. Così, indietreggiai, prima prendendo una spinta da un giocatore di football che sembrava tutt'altro che accidentale, poi, una volta arrivato lì, mi appoggiai dall'altra parte del muretto. Misi le mani nella tracolla, prendendo un fumetto e iniziandolo a fogliare, iniziando ogni tanto a rivolgere lo sguardo alla ragazza, cercando di non farmi scoprire.
hYI1M
 
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 12:23






Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Gli incontri accidentali spesso sono migliori degli appuntamenti al buio: sono delle uscite ignare di essere tali e questo le rendeva esilaranti. Sentii una presenza avvicinarsi ma non avrei distolto gli occhi dal fumetto nemmeno sotto attentato, così mi limitai a spostarmi poco più a destra, per lasciare al ragazzo altrettanto spazio. Era buffo come, nonostante la mia voglia di stringere amicizie, al momento ero completamente sprovvista di socialità, anzi, speravo solo che la campanella tardasse il suono dell'inizio delle lezioni. Continuai a leggere il mio amato x - men: lo collezionavo da secoli ormai, e ogni tanto tornavo a ripercorrere i vecchi numeri con una lieve malinconia. Poteva assolutamente guadagnare una buona posizione tra i preferiti, perfino nelle top 3. Era nei punti cruciali della narrazione che desideravo essere un supereroe: niente scuola superiore perché il crimine è dietro l'angolo. Ero talmente attratta dalla storia che mi incurvai leggermente verso le pagine, come se avvicinarsi ai fogli rendesse automaticamente tutto più reale, tutto più intenso, finché non sentii la strana percezione di essere osservata. Alzai istintivamente lo sguardo, ma notai solo la mossa repentina di un ragazzo nell'abbassare il suo, rimasi qualche istante a guardarlo accigliata, prima di tornare nella lettura. Ma i miei tentativi di concentrazione erano del tutto vani: sapevo che mi stava scrutando tanto quanto io alzavo gli occhi di sottecchi per vederlo cambiare espressione. Fu allora che la mia vista focalizzò la rivista tra le sue mani: fumetti, lui leggeva i fumetti. Inizialmente pensai fosse uno scherzo di pessimo gusto, qualcosa per dimostrarmi quanto fossi asociale, ma chi poteva organizzare quella buffonata? Non potevo già apparire tanto insopportabile. Così presi la mia borsa, richiusi a malincuore x-men e lo posai al suo interno, riacquistai la posizione iniziale puntando gli occhi sul ragazzo. Lui mi osservava? Bene, avrei fatto lo stesso, ma senza prendere l'impegno di fingere indifferenza. Sarei rimasta ferma a fissarlo fino a quando uno dei due non avesse pronunciato una qualsiasi parola, e -ovviamente- non sarei stata io a intavolare una conversazione.

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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 13:06




(©) SETH COHEN -- troubles will come and they will pass. dress

Oltretutto mi ero anche abituato ad essere l'unico, sempre, ad essere un appassionato di fumetti. Solo, dopo aver continuato gli sguardi rivolti alla ragazza, mi accorsi di un fattore piuttosto strano, devo dire, di lei. Stava leggendo un fumetto. L'avrei riconosciuto tra mille: era X-Men, uno di quelli di cui avevo l'intera collezione. Il primo, mi ricordo benissimo, l'avevo comprato quando ero andato alla Giornata Del Fumetto (ci vado da quando avevo dieci anni!). Sorrisi istintivamente, tornando alla mia lettura di Capitan America. Un fumetto che adoravo, in ogni disegno, frase o descrizione. Trovando poi il momento opportuno, abbassai lentamente il fumetto e lo misi in borsa, quasi furtivamente. Lanciai nuovamente lo sguardo verso la ragazza: era bionda, con un taglio decisamente mascolino; probabilmente l'avrei potuta considerare come l'opposto di Summer. Non sembrava schizzinosa, oppure non pensavo indossasse vestiti molto appariscenti come il resto della scuola. Nemmeno abiti firmati o troppo costosi: anzi, l'abbigliamento sembrava assomigliare al mio e la cosa m'incuriosiva parecchio. Mi appoggiai meglio al muro, osservando per un altro istante il cortile della scuola, dove si potevano notare sempre le solite personalità, in seguito tornai a quella che avevo vicino. Ci mancava solo che giocasse ai videogiochi, che amasse la barca a vela e che avesse i miei gusti musicali. Forse stavo esagerando: non potevo e non riuscivo a trovare persone con esattamente i miei gusti!In ogni caso, continuai con una smorfia. «Penso di aver letto dieci volte quel volume. Uno dei miei preferiti. » Affermai, guardando però da un'altra parte, invece che la ragazza, che sembrava concentrata nella lettura. Forse dovevo solo tenere la bocca chiusa.
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 13:42






Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Era strano come, nonostante entrambi ci fossimo accorti di continuare a lanciarci occhiate incuriosite, non pronunciavamo nemmeno un saluto. Sai che delusione iniziare un discorso sui fumetti e sentirsi rispondere "Questa schifezza? Me l'hanno prestato, non è mio" In una situazione del genere me ne sarei andata in modo talmente indignato che l'appellativo "lunatica" mi avrebbe identificato per tutto il liceo. Ripose nella borsa quello che identificai come Capitan America. Pazzesco, era più o meno la prima persona al mondo che vedevo con quel fascicolo tra le mani e si rivolse a me in tono vagamente distaccato. Fu un verso sollievo non sentir pronunciare l'ennesima frase maschilista, tutt'altro, elogiò x-men: ottimo primo passo. «Devi avere un'intensa vita sociale se hai tempo di leggere un fumetto 10 volte.»Risposi con un grande sorriso amichevole sul volto: potevo capirlo benissimo, i fumetti sono vita. Spostai la mia attenzione su di lui, notando curiosa quell'aurea di insicurezza: sembrava talmente diverso dagli altri studenti. Perfino il suo abbigliamento era meno sfarzoso di quello altrui, nessuna canottiera per esaltare i muscoli e tanto meno una giacca di pelle per incrementare l'aria da "duro". «Assolutamente. Per non parlare dell'edizione seguente, altrettanto valida.» Decisi che abbandonare momentaneamente la lettura poteva essere proficuo, sopratutto se questo portava ad una conoscenza che non mi ritenesse "strana." «Anche Capitan America è buono, anzi, certi dialoghi sono assolutamente geniali.» Così ammisi di averlo osservato e perfino di aver riconosciuto il soggetto della sua principale attenzione. Si stava rivelando un ottimo intenditore, se poi possedeva una barca a vela e voleva raggiungere Taiti, beh, avrei potuto sposarlo. Era già abbastanza curioso trovare qualcuno con i miei interessi, ma notare perfino degli atteggiamenti simili era assurdo. Al momento ero talmente entusiasta che avrei potuto scambiare dei braccialetti dell'amicizia con lui, non mi interessava nemmeno il suo nome, era assolutamente una persona interessante.

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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 14:31




(©) SETH COHEN -- troubles will come and they will pass. dress

Non sapevo cosa mi avesse detto il cervello in quel misero istante, ma era stato come istintivo, il mio rompere quel silenzio tombale che si era creato tra noi, mentre, sembravamo occupatissimi nella lettura dei nostri rispettivi fumetti. Con la solita aria un po' svampita e confusionaria, mi limitai ad ascoltare, continuando a fare l'indifferente fino a quando non fece quei commenti sulla lettura. Mi voltai di scatto, guardandola con un sorrisino strambo. Un sorrisino alla Seth Cohen. Inizialmente avevo anche avuto l'idea che avesse preso quel fumetto per caso, l'avesse trovato per strada e l'avesse letto per curiosità. Invece no, sembrava appassionata quanto me. Come se avessi trovato...un mio simile!Scossi il capo solo al pensiero, guardandola e rispondendole. «Beh, non è detto, ho molti amici qui.» Bugia: avevo solo Ryan da, un mese?Probabile. Infatti, il tono da me usato, era tutt'altro rispetto al credibile. Persino una a me sconosciuta, l'avrebbe capito. «Esatto. Anche se la mia preferita rimarrà sempre questa, secondo me ha sempre quel qualcosa di più, rispetto alle altre» Le dissi in seguito, commentando a grandi linee quel fumetto che stava leggendo la biondina. La biondina, che, condivideva una passione in comune con me. Se, quando sarei tornato a casa, l'avrei detto a Ryan, o anche a mio padre, mi avrebbe guardato con un'espressione piuttosto perplessa, da quanto poteva renderli increduli questo. Tralaltro, era una ragazza! Una coppia d'assi, decisamente. «Certo, è un fumetto a dir poco fantastico. Non a caso penso di avere gran parte della collezione in borsa.» Probabilmente state pensando che tutto sia uno scherzo, ma non era così. Avevo quattro/cinque fumetti chiusi nella tracolla. Mi rilassavano, mentre, durante l'intervallo, stavo in quell'immenso salone seduto su un divanetto e qualcuno non si divertiva a prendermi di mira!«Comunque sono Seth, Seth Cohen.» Mi presentai, porgendole la mano e mantenendo un lievissimo sorrisino: comunque, restavo dell'idea che lei fosse nuova a Newport, poichè non l'avevo mai vista da queste parti e sicuramente avrei notato un'appassionata di fumetti. «Immagino tu sia...nuova qui, no?» Azzardai, con un tono che sapeva d'insicuro.
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 20:55




Scusa scusa scusa scusa scusa.
Il pomeriggio di shopping con papà è diventato "cena di famiglia". Perdonami ç__ç




Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Cercò di salvare la sua reputazione dicendo quanto fosse popolare a Newport, ma il suo tono lasciava intuire la grandezza della bugia. Sorrisi divertita, infondo gli appassionati di fumetti facevano la solita triste fine di emarginati. «Come darti torto? Potrei recitare alcune battute a memoria.» Così svelai anche la mia mancata vita sociale, forse non avevo letto il fumetto 10 volte, ma raggiungevo le sei o le sette riletture, decisamente. Concordò la mia opinione su Capitan America, alludendo al fatto che portasse con sé i fumetti. Santo cielo, il ragazzo era la mia versione maschile: con quel tono impacciato e gli occhi sfuggenti, eravamo simili in modo impressionante. Si presentò come Seth, Seth Cohen, e strinsi la sua mano amichevolmente, ricambiando il sorriso riservato. «Anna Stern.» Pronunciai il mio nome in modo estremamente speranzoso, perché il primo giorno da californiana si stava rivelando davvero più piacevole del previsto. Eppure mi chiese se fossi nuova, facendo crollare le speranze di confondermi nella folla: dovevano essere i capelli corti, o i pullover rosa, maledizione. «E' così evidente?» Azzardai ironica prima di lasciarmi sfuggire una lieve risata. Avevo un aspetto così provinciale e sperduto? Dovevo rimediare... ciglia finte e top scollati avrebbero sicuramente minimizzato la mia diversità. Ma ovviamente non avrei indossato quelle porcherie nemmeno se avessero deciso il mio futuro a Newport. «Sono di Pittsburgh» Esclamai decisamente orgogliosa di provenire da quella città. Mi aspettavo il solito "bleah" oppure "ah, tornaci" non era la prima volta che al sentire la mia provenienza, qualcuno esaltava tutto il proprio disgusto.
Mi guardai intorno, dedicando occhiate perplesse ai piccoli fiotti di studenti che iniziavano ad affollare il cortile. «Ho bisogno di un mentore.» Esordii sarcastica annotando mentalmente i vari comportamenti degli adolescenti medi. Stavo davvero chiedendo ad uno sconosciuto di diventare il mio mentore? Il mio protettore? Il mio capo spirituale? Perché no? Seth sembrava molto più affidabile e sveglio del ragazzo impegnato in atti osceni in luogo pubblico. Chissà se era disposto a mostrarmi la strada della perdizione e del peccato: dove si compravano i videogiochi?

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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 21:27




non ti preoccupare <3

(©) SETH COHEN -- troubles will come and they will pass. dress
Mi lasciai a un sorrisino, ascoltando la sua frase. In fin dei conti, non solo io sembravo quello dall’intensa vita, sociale, anzi. Diceva di conoscere le battute a memoria, quindi, facendo due più due il risultato è quattro, cioè, anche lei era sempre stata un’emarginata per via dei suoi gusti e delle sue passioni. «Penso che allora potremo andare molto d’accordo.» strinse la mano a sua volta, mentre pronunciava il suo nome, con il mio stesso tono piuttosto impacciato. Si riusciva a notare una certa riservatezza, un modo di essere che non rispecchiava affatto la disinvoltura in lei. Insomma, sentivo che la nostra somiglianza non si fermava solamente a fumetti come X Man o Capitan America, no, ci poteva essere qualcosa di diverso, forse di nascosto. Chissà, forse davvero aveva qualche altro gusto in comune con me! «Beh allora … piacere?» Cercai prima di dirlo con un tono sicuro, poi finii con la mia solita frase interrogativa, dubbiosa in ogni senso e in ogni sfaccettatura. Dal suo tono, si poteva dedurre probabilmente la sua speranza. Speranza, di cui però, non sapevo la derivazione, o il motivo. «Sì, piacere.» Conclusi, come ragionando da solo. Quando confermò la mia deduzione, ovvero che era nuova, che si era appena trasferita, feci un tranquillissimo cenno col capo, sorridendo appena. Diceva di essere di Pittsburgh, con un tono che pareva strettamente orgoglioso. «No, non è evidente, evidentissimo. Ma forse l’ho capito perché, insomma, tutti sanno che sono lo specchio della sagacità.» Quel giorno pullulavo di bugie e voglia di fare un’impressione totalmente diversa da quella che tutti avevano di me. Però, ero a conoscenza del fatto che non sarebbe durata parecchio, soprattutto perché nell’arco di cinque minuti sarebbe arrivato qualcuno a farmi uno dei soliti tiri. E “lo specchio della sagacità”?Da dove l’avevo tirata fuori?Se ci fosse stato Ryan mi avrebbe dato sicuramente preso in giro per l’eternità e, probabilmente, l’avrebbe potuto fare anche la stessa Anna. Comunque, mi disse di aver bisogno di un mentore. Un cosa? La guardai perplesso. «Un Men…che? » Corrugai appena la fronte, scuotendo poi il capo, sperando non mi avesse sentito: l’impressione sarebbe subito calata a picco, come se non fosse già stata una delle peggiori. «Oh sì, il tuo mentore» Per quella volta, finsi di sapere. Forse si trattava di una sottospecie di guida, o cosa del genere?Insomma, ci poteva stare: era nuova, non sapeva niente del posto e aveva proprio bisogno di quello. «Sarò a tua completa disposizione, Anna Stern. » Le dissi poi, cercando di riparare la figuraccia. Intanto il cortile si faceva sempre più affollato, di persone che sembravano sempre le stesse: mi limitai a scrollare le spalle.
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 24/8/2011, 22:07







Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Sì, potevamo andare molto d'accordo. Era un'intesa innata, suvvia, dove potevo trovare un mio coetaneo appassionato di fumetti disposto e a conversare con una sconosciuta? E da quell'adorabile visino impacciato uscì una frase altrettanto buffa. -Beh allora … piacere?- Corrucciai le sopracciglia, tentando di capire se la sua fosse una vera domanda o una semplice riflessione ad alta voce. Sì, la nostra conoscenza poteva definirsi piacevole, conclusione a cui arrivò lui stesso alcuni secondi dopo. «Sì, piacere.» Ripetei a mezza voce, quasi come per metterlo al corrente di quanto sembrasse insulsa la sua ultima frase. Stava assegnando al termine "piacere" un "piacere" vero, non una semplice risposta educata. Rispose alla mia domanda con una lieve non-modestia, o forse era auto ironia? «Addirittura lo specchio della sagacità?» Atteggiai le labbra in una smorfia che doveva sembrare pienamente impressionata, prima di inclinare leggermente il viso fissandolo incuriosita. Nonostante lo trovassi brillante, l'aria smarrita era piuttosto evidente: che fosse data dal mio sesso femminile? O dalla semplice sorpresa di aver trovato una fumetti-dipendente? Eppure sembrava possedere davvero un buon intuito, cosa smentita immediatamente dal suo lieve balbettare. Un mentore. Davvero non conosceva la parola...mentore? Stavo per spiegargliela con un esempio fumettistico, ma finse miseramente di aver capito la mia allusione. Voleva apparire sagace? Di certo non sarei stata io a rovinargli il gioco. «Grazie, Cohen» Memorizzavo molto più facilmente i cognomi dei nomi, inoltre quando questi erano particolarmente corti ed efficaci diventavano un nuovo nomignolo. Cohen era particolarmente piacevole da pronunciare. Nonostante non sapesse nemmeno quale fosse la sua posizione in quanto mentore, mi offrì il suo aiuto, lo trovai un gesto incredibilmente educato e gentile. «Sei una persona affidabile, vero? Hai mai spacciato droga, investito un passante o rapinato una banca?» Chiesi con particolare ironia, mentre un sorrisetto divertito mi colorava il volto. L'idea di vederlo ingabbiato in qualcosa di illegale non sembrava azzardata? Con quel fisico mingherlino probabilmente riusciva a malapena a seguire le lezioni di ginnastica. «Beh, in caso di risposta affermativa sappi che amo passare il tempo con i ragazzacci Ecco, aver pronunciato la parola ragazzacci ammetteva completamente la mia buona indole. Apprezzavo un po' di sana ribellione, ma generalmente io non ero mai inclusa nelle follie adolescenziali.

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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 25/8/2011, 10:53





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Teoricamente, se fossi stato davvero lo “specchio della sagacità” non mi sarei fatto quel ridicolo dubbio riguardante il “piacere” per poi rispondermi da solo con un “oh, sì piacere”. Anche Anna, sembrava considerare ciò una cosa altamente patetica: lo dedussi dal tono con cui ripeté a sua volta le stesse parole. Probabilmente, sembravo uno di quei Clown scappati dal circo. Di quelli che fuori dal loro ambiente non sanno niente, ma escono sempre con le solite battutine, che, da alcuni versanti possono sembrare cavolate, estreme cavolate. Ovviamente, in seguito, la mia battutina che voleva apparire come sarcastica fu come smentita da Anna. Speravo ridesse, almeno, anche se cercavo di dire qualcosa di serio: invece, la sua risposta era una semplice smorfia, accompagnata da una domanda, che, faceva molto presa in giro. Non la biasimavo, insomma: ero stato patetico, me ne rendevo conto da solo. «Mi potrei considerare tale. Ma, zitta, è un segreto» Okay, non ero stato patetico, di più. Con l’aggiunta di quella frase, potevo tranquillamente vincere un premio per la persona più sfigata e stramba degli ultimi dieci anni. Almeno potevo diventare famoso! Scossi automaticamente il capo solo al minimo pensiero di tutto ciò. Almeno, la ragazza che avevo di fronte, ovvero Anna, oltre ai fumetti e forse ad altri gusti, sembrava diversa da me. Sembrava intelligente, prima di tutto, oppure potevo considerare il suo carattere forte, a differenza del mio. Forse potevo ritenermi insicuro? Uno di quei dilemmi sui quali sarei stato capace di ragionare delle giornate intere. Però, potevo confermare la mia scemenza, con la mia considerevole ulteriore “bella” figura. Non sapevo neanche cosa fosse un mentore!Pensai a qualche videogioco, fumetto, qualche citazione che lo riguardasse … Non mi veniva in mente niente se non il vuoto totale. Però, comunque, Anna probabilmente decise di darmi corda, per non rovinarmi il gioco. Scrollai le spalle quando mi ringraziò, come per dire “non c’è di che” o qualcosa del genere, fino a quando non mi chiamò Cohen. Feci una smorfia molto aperta. «Ma nel vostro universo femminile è così altamente complicato chiamare un ragazzo per nome?» Chiesi, cinico, finendo poi per sorridere. Non volevo trattarla male, era solo la mia pessima ironia. Mi limitai a spalancare gli occhi, corrugando la fronte, quando mi fece una domanda. Quella domanda. Io, spacciato droga?Rapinato una banca?Ma se non ero mai uscito di casa!Ma forse … «Allora hai trovato quel genere di persona. Sono un ragazzaccio, che, capirai!» In ogni caso, riuscii a captare l’ironia della frase, che era particolarmente rilevante. Che poi, in compagnia di Ryan, avrei potuto far di tutto. Come Batman e Robin! Certo, Seth, certo. Spostai lo sguardo per qualche secondo, senza un vero motivo, per poi tornare ad Anna. «C’è d’ammettere che in GTA ho rubato certe auto» Ecco che ricominciavo a parlare di videogiochi … con una ragazza! Tra l’altro, l’ultima volta che avevo parlato di quello in questione, era stato con Ryan, proprio nel momento più opportuno. «beh, comunque, che dici?Andiamo?» Chiesi, anche se a conti fatti non sapevo cosa fare. Le avrei mostrato un po’ la scuola e le avrei insegnato ad orientarsi, probabilmente.
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 25/8/2011, 11:52






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Ok, lui era lo specchio della sagacità. Non che fosse una mia prerogativa giudicare quella strana parlantina sarcastica, eppure la trovavo decisamente brillante. Così si confermava la mia tesi: chiunque leggesse i fumetti era degno di vita. La passione verso quelle vignette si propagava nella personalità: sfigati, sarcastici e cinici. Continuò il suo discorso sulla sua innata dote, aggiungendo una frase davvero idiota, ma usava quell'ironia solo con le novelline o parlava abitualmente così? Sotto certi punti di vista sembrava davvero una caratteristica interessante, tanto che continuai a reggergli il gioco. «Giuro che non lo dirò a nessuno.» Portai la mano davanti alla bocca per mostrare il mio assoluto e completo silenzio e poi risi. Chissà se solitamente qualcuno rideva alle sue battute o veniva classificato come il solito -idiota-? Eppure era divertente a suo modo. Mi chiese se per noi ragazze fosse difficile chiamare qualcuno per nome, quindi la mia pessima abitudine si diffondeva perfino in California? Inizialmente pensai che si fosse offeso ma mi sorrise svelando l'ironia. «I cognomi sono più originali. Ma ciò non ti autorizza a chiamarmi Stern» C'era un abisso di differenza tra il suo e il mio cognome, "Stern" era estremamente sgradevole, "Cohen" scivolava dalle labbra con immensa naturalezza. Non solo boicottava la sua reputazione, ora mentiva perfino sul suo buonsenso definendosi lui stesso una cattiva influenza. Ma il suo non completare la frase declinandola con un "capirai" dimostrava quanto fosse impreparato a parlare delle sue azioni, probabilmente, mai compiute. Ma ci fu una singola parola ad attirare tutte le mie attenzioni GTA. Non solo conosceva la sigla del videogioco ma dalla breve spiegazione dedussi che ci giocasse perfino. Strabuzzai gli occhi e lo guardai per alcuni secondi ricolmi di silenzio. «Fermo, fermo, fermo.» Mi sporsi verso di lui sinceramente incuriosita, non poteva leggere i fumetti e giocare ai videogiochi, era un connubio troppo raro e prezioso. «Io gioco a GTA» Come se fossi l'unica a permettermi il lusso di rubare auto in una realtà alternativa. Si poteva notare una lieve incredulità nel mio tono di voce, dato dal fatto che non l'avrei mai immaginato davanti a un televisore a commettere atti violenti. Seth sembrava ragazzo da fantasy, al massimo avventura, non di simulazione di crimini. «Tu giochi a GTA?» Potevo apparire quasi scortese a causa dell'evidente perplessità, ma come biasimarmi? Bisognava avere uno spirito sicuro per governare quel gioco, cosa che al ragazzo sembrava mancare completamente. Ignorai le mie riflessioni concentrandomi sul suo invito ad...andare. «Assolutamente, Seth Calcai la pronuncia sul nome, così da limitare i suoi monologhi sull'universo femminile. Presi la borsa e la misi in spalla, prima di alzarmi e guardarlo con un sorriso amichevole.

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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 25/8/2011, 15:15




scusa il ritardo ç__ç

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Continuava a darmi corda, anche nelle più tristi delle mie battute. Che fosse un’aliena?Solitamente, la maggior parte delle ragazze della scuola snobbavano ciò. Anzi, snobbavano me, in ogni sfaccettatura o modo di fare. Chi poteva mettersi con quella piattola di Cohen?La loro reputazione sarebbe scesa a picco, vociferare su vociferare e sicuramente quelle ochette da quattro soldi ci avrebbero rimesso, sempre. Addirittura, per farlo, portò la mano davanti alla bocca, giurando di mantenerla chiusa. «Mi correggo: andremo molto molto ma davvero molto d’accordo» Rimanevo particolarmente sorpreso, da Anna. Anche lei, come me, era diversa da tutta la massa di ragazzi che ci circondava: la trovavo sagace. Lei sì che lo era, non io. Chiunque legga i fumetti lo poteva essere!Peccato che la maggior parte della popolazione non l’avesse capito. In ogni caso, lei poteva chiamarmi direttamente Cohen, mentre io non potevo chiamarla Stern. «Questo lo chiamerei razzismo, sai?» Dissi, sempre con il mio solito tono sarcastico, che, ad Anna, a differenza dell’intero universo, sembrava piacere, anzi, provava quasi gusto ad alimentarlo. «Ma, in ogni caso, sono un gentiluomo» mentre dissi quelle parole, una smorfia si faceva sempre più grande sul mio volto, come se fossi stato disgustato da quelle parole. Io, gentiluomo?No, assolutamente no. Ma, come facevo a saperlo?Oltretutto, non ero mai uscito con qualcuna, in fin dei conti era ancora tutto da giudicare! «e pure buono, quindi ti chiamerò Anna, come vuoi» Oh, buono lo ero. Soprattutto quando avevo deciso di prestare a mio cugino un paio di fumetti di X Men, con il piccolo dettaglio che dopo appena due ore li rivolli indietro. Quella era bontà, no?E anche gentilezza. Sì. Oddio. Non ci credevo. Rimasi di pietra, di sasso, fermo, come vogliate che dica, non appena pronunciò quella frase. Occhi spalancati, fronte corrugata e la bocca semi-aperta. Non poteva essere, non poteva giocare ai videogiochi. Era troppo per me: dovevo correre alla casetta in piscina e raccontare a Ryan del mio piacevole incontro. Avevo incontrato una mia fotocopia al femminile!Non riuscivo a credere ai miei occhi e, alle mie orecchie. Era un colpo troppo … strano! «sei anche tu ami la barca a vela sono un uomo finito» Dissi, con un tono quasi stremato, scuotendo il capo, ma contento della situazione che si stava creando. «e se anche tu vuoi raggiungere Tahiti, ancor più» Aggiunsi, farfugliando quelle parole talmente velocemente da renderle quasi incomprensibili. Ma, prima che potessimo riflettere più a lungo riguardo la nostra incomprensibile somiglianza, accettò la mia richiesta di andare. Andare dove, poi?Cosa le avrei fatto fare, un giro per i corridoi della Harbor?Sì, con la speranza che Luke non fosse nelle vicinanze. «Mi hai chiamato Seth!» Le rivolsi l’indice contro, come mostrare segno di vittoria. Entrammo nella struttura, fermandomi davanti all’entrata. «Ecco la Harbor, un liceo come tutti gli altri, con ragazzi tutti uguali. Una rottura.» Ammisi, con tono annoiato.
hYI1M


 
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 25/8/2011, 17:17




Figurarsi.
Il ritardo è dopo 20 giorni XD




Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Era davvero graziosa la complicità che si era immediatamente creata tra noi, insomma, non parlavo così apertamente di videogiochi e fumetti da secoli. Non che me ne vergognassi, tutt'altro, erano gli altri a non concepirli nella giusta ottica. Noi avevamo una mente diversa, qualcosa di nettamente superiore al resto del mondo, ma nessuno se ne accorgeva. Già il termine "fumetti" era visto in cattiva luce: ricordava troppo l'infanzia nonostante non fosse assolutamente vero. «Non è razzismo, è un giusto principio umanistico.» Blaterai parole completamente casuali a favore della mia inesistente-tesi. Beh, Cohen era indubbiamente un bel soprannome. Cohen. Mi disse di essere un gentiluomo con delle espressioni facciali davvero incomprensibili. Non riuscivo a capire se fosse ironico o sincero, ma chi al mondo ammetterebbe di "non essere gentile" quando incontra una sconosciuta? Si stava dimostrando davvero educato, quindi nonostante le buffe smorfie, avrei continuato a credere ciecamente nella sua educazione. Comunque mi appoggiò, mi avrebbe chiamato Anna come richiesto, e io gli sorrisi ingenuamente. «Oh, troppo buono.» Beh, non che se mi chiamasse Stern l'avrei trovato maleducato, solo un tantino snervante. Non replicò alla mia insinuazione sul fatto che lui non potesse giocare a GTA, ma dalla sua estrema sorpresa era chiaro che ne fosse perfino dipendente. Cosa? Fumetti e videogiochi? Ci mancava solo la... barca a vela. Sentendo le sue parole indietreggiai. Stava scherzando? Lo fissai talmente incredula da non osare spezzare quel silenzio surreale formatosi dopo la sua affermazione. Io non amavo la barca a vela, io vivevo per la barca a vela. Oh santo cielo. Esclamai seriamente impressionata e sorridendo divertita dall'assurdità della situazione. «E' dai 10 anni che voglio andare a Tahiti in barca.» Affermai, ma involontariamente le mie parole si accavallarono alle sue, pronunciate talmente velocemente da non riuscire nemmeno ad afferrarle a pieno. Per una frazione di secondo captai la parola "Tahiti" anche nella sua voce, ma doveva essere solo un'assonanza, figurarsi se conservavamo anche lo stesso sogno. Comunque con pigrizia lo seguii nel tour scolastico, ascoltando trionfante la sua vittoria nel sentirmi chiamarlo Seth. Dovevo proprio dirgli che ne ero ben consapevole? E rovinare la danza della gioia che stava progettando mentalmente? «Andiamo, Cohen. Non vuol dire assolutamente nulla.» Cambiai appositamente il nomignolo, voltandomi verso di Seth con aria altrettanto sostenuta e fiera. Entrammo a scuola, ma ci fermammo davanti alla porta, probabilmente per lasciarmi il tempo di contemplare le lunghe pareti o i vecchi armadietti. «Tu non sei uguale ai ragazzi tutti uguali, no?» Quella che doveva essere una semplice costatazione per dimostrare il suo -sbagliato- utilizzo dell'aggettivo uguali, sembrò un vero e proprio complimento. Ma perfino l'eventualità di creare una scena imbarazzante, basata su apprezzamenti non voluti, fu interrotta da un lieve urtarci alle spalle. Probabilmente fermarsi davanti all'entrata non era stata una buona idea. Ma non mi scansai minimamente, rimasi di fianco a Seth, volgendo lo sguardo su ciò che sarebbe diventato parte della mia vita.

DRESS - MUSIC
DANNY,


Sicurezza, Cohen.
 
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lëstrangë
CAT_IMG Posted on 26/8/2011, 11:45




(©) SETH COHEN -- troubles will come and they will pass. dress
Un giusto principio umanistico: valeva a dire?Certe espressioni mi mettevano in un’esplicita difficoltà, soprattutto perché non riuscivo a captare bene quel genere di parole. In ogni caso, avevo trovato qualcuno che potesse … essere trattata da esonerata come me, esatto. E se fosse stato così? Anna non avrebbe apprezzato a fondo Newport. Del resto, probabilmente, sentiva già la mancanza della sua città, non potevo certo biasimarla. «Un giusto principio umanistico» Ripetei a pappagallo, quando lo pronunciò. «no, per me resta sempre razzismo. » Mantenni un leggero sorriso stampato in volto. Comunque, dopo la mia affermazione riguardante la gentilezza, il mio essere un gentiluomo e cose del genere mi sentii in un lieve imbarazzo, che, però, riuscivo a mascherare perfettamente, per una volta. Sicuramente, se la nostra conoscenza si fosse approfondita – cosa ovvia, pensando solamente alle cose in comune che condividevamo – si sarebbe accorta del mio fiume di balle usate solamente per tentare di fare delle belle figure con almeno una persona in tutta la mia vita. «Eh, lo so. Non c’è proprio bisogno di dirlo. Ma in ogni caso grazie» Dissi in risposta al suo “troppo buono”. La mia ironia punzecchiante, restava, senza dubbio, probabilmente perché mi trovavo in sintonia con Anna. Quante volte l’ho già detto?Ero proprio un caso perso! Perso nel fare amicizie e perso nel socializzare con qualunque ragazza incontravo sul mio cammino. L’unica cosa, che, sembrava dividerci rimaneva la mia più grande passione: la barca a vela. Almeno, pensavo ciò, fino a quando, lei come me, iniziò a farfugliare qualcosa riguardante la barca a vela e Tahiti. Storsi la bocca, con gli occhi completamente spalancati, così da formare una delle mie solite smorfie. Non poteva essere: non poteva< amarla anche lei! «Questa è un’assurdità!» Affermai poi, ridendo lievemente e scuotendo il capo. E se l’avesse pagata mio padre solo per farmi conoscere qualcuno?Sì, certo, quella era proprio un’azione alla Sandy Cohen, l’uomo che doveva disintossicarsi dalle ciambelle: quella con Anna era stata solo una strana, incredibile, folle coincidenza. Non potevo trovare nello stesso giorno una persona che amasse fumetti, videogiochi e barca a vela! Mancava solo... Capitan Avena. Quella era la mia unica passione che ero sicuro non avesse qualcuno a diciassette anni. Certo, se fossi andato in un asilo ne avrei trovati a decine, ma alla mia età chi poteva considerare un cavallino di pezza come suo migliore amico e compagno d’avventure?Seth Cohen, risposta esatta. Così, in ogni caso, ci avviammo verso l’entrata della Harbor, dopo che, per mia vittoria, mi chiamò Seth, ma, a quanto pare, rimediò subito al suo insulso errore. «Eh va bene. Andiamo Cohen» L’ultima frase, ripetuta ovviamente a pappagallo, era come se le avessi fatto il verso, dato che, lo dissi con una vocina soffocata tendente al femminile. Le avevo fatto il verso. «mi sembrava piuttosto scontata come cosa. Qui pensano solo alla pallanuoto e ad ubriacarsi. Non mi sembra di essere come loro» Ma, un momento: non avevo detto di avere molti amici alla Harbor?Iniziavo già ad uscire allo scoperto?Mi grattai appena la nuca, passando la mano tra i ricci. Il corridoio diventava sempre più affollato, di fatto, ci urtammo lievemente alle spalle, mentre i ragazzi entravano sempre più numerosi. «Sai già qual è il tuo armadietto?» Le chiesi, cercando di trovare un discorso serio, dato che eravamo appena entrati in quell’infernale struttura chiamata Newport Harbor.
hYI1M


 
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GiùlyPù.
CAT_IMG Posted on 27/8/2011, 20:20




Mi inginocchio e chiedo perdono.




Anna Stern - From Pittsburgh, likes comic books



Ripeteva le mie parole ogni tanto, forse perché non ne capiva il senso, oppure perché doveva metabolizzare una battutina sarcastica. Era un ragazzo piuttosto bizzarro, bisognava ammetterlo, eppure non potevo trovarlo "strano" per un semplice motivo: eravamo identici. Mi incuriosiva parecchio la nostra somiglianza: le idee in comune, l'ironia ricambiata, qualche volta anticipava perfino le mie frasi, era assurdo. «Sai quanti pregiudizi sessisti esistono al mondo? E tu ti lamenti per un nomignolo» Esclamai ovviamente scherzosa, nonostante sarei potuta introdurmi nel discorso "viva le donne" per almeno 20 minuti. Insomma, solo per il mio taglio di capelli non incarnavo più la mogliettina perfetta, erano pensieri talmente maschilisti da darmi i brividi. Eravamo noi a governare il mondo. Mi ringraziò per il "complimento" che doveva essere altrettanto sarcastico, ma sembrava che solo noi riuscissimo a capire le nostre rispettive battute. Eravamo talmente intelligenti -o psicopatici- da fare ironia per noi stessi. Non avevo capito completamente la sua affermazione sulla barca a vela, ma era chiaro che avesse pronunciato la parola Tahiti vista la sua reazione decisamente sorpresa. «Ma ti hanno pagato?» Ok. Potevano passare i fumetti, e perfino per i videogiochi si fa una piccola eccezione, ma la barca a vela? Tahiti? Dove era stato per tutto questo tempo Seth Cohen? Avrei potuto sposarlo già all'età di 6 anni. «Giuro che non mi arrabbio se mi sveli di essere stato comprato da qualche società o... da mia madre.» Annunciai ridendo, nonostante probabilmente fosse solo un incontro scritto nel destino. Forse un un incontro vagamente tratto da un romanzo di fantascienza, ma sempre casuale e inaspettato. Non solo mi mostrò la scuola paragonandola a un astratto patibolo, ma mi face anche il verso, giochino risalente alle scuole elementari: parlare in falsetto e ripetere la mia frase. Cohen! Gli diedi un -non troppo affettuoso- pugno sulla spalla. Ma poi, preoccupata che lui fraintendesse, gli dedicai un amorevole sorriso. Lo facevo piuttosto spesso: per paura di risultare maleducata o indisponente mascheravo le mie azioni con sguardi dolci... proprio un angioletto. «Non dovresti parlare in questo modo dei tuoi numerosi amici.» Allusi alla sua precedente informazione riguardante la sua popolarità, cosa che stava brutalmente modificando dopo appena dieci minuti. In realtà la bugia era stata colta già la prima volta, nessun amante dei fumetti era amato, nemmeno in un luogo paradisiaco come la California. Mi chiese il numero del mio armadietto, così iniziai a frugare nella borsa, da cui estrassi un foglietto ben ripiegato. «Numero...243. » Rilessi un paio di volte il numero, sconvolta dal fatto di trovarci solo tre cifre. Insomma, lo studente numero 243 doveva essere sparito, oppure il corpo studentesco vantava meno di 250 alunni ma questo era palesemente inconcepibile. «Come ci arrivo?» Chiesi poi tracciando con lo sguardo il percorso foglio-Seth-corridoio almeno cinque volte.

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DANNY,


Sicurezza, Cohen.
 
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